Vita del grande artista fiorentino, considerato il padre della scultura rinascimentale.
E’ tutt’ora in corso a Palazzo Strozzi a Firenze la splendida mostra su Donatello, il padre della scultura rinascimentale, ne parlo sul mio articolo Donatello. Il Rinascimento.
La mostra, in realtà, non è una monografica su quest’artista straordinario, certamente ne traccia tutto il percorso biografico, ma mette in evidenza anche l’influenza che la sua opera ha avuto sugli artisti del Primo Rinascimento, non solo in Toscana.
Ma iniziamo ora a parlare della sua vita, giusto per conoscerlo meglio!
Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto Donatello, nasce a Firenze nel 1386 e muore nel 1466.
Insieme a Brunelleschi e Masaccio è considerato il padre della scultura nel Rinascimento, come Brunelleschi lo è per l’architettura e Masaccio per la pittura.
Amico del Brunelleschi, ha tuttavia una personalità molto differente rispetto all’amico architetto.
Tanto è sereno Brunelleschi, tanto è cupo Donatello.
E questo influisce anche sul rapporto uomo-mondo.
Mi spiego.
Per Brunelleschi il rapporto uomo-mondo è un rapporto sereno, grazie alla ragione. Vero uomo del rinascimento, Brunelleschi sostiene che esiste un dominio sulle cose, perchè queste ubbidiscono a delle leggi eterne e universali, matematiche.
Per Donatello, invece, il rapporto uomo – mondo è drammatico, per lui non esiste un’unica verità, frutto del calcolo matematico, ma la verità è da conquistare giornalmente. La vita è una lotta continua.
Per capire meglio questi concetti, bisogna inserire i due artisti nel tempo in cui vivono.
Il Rinascimento è un tempo di rinascita, di rivoluzione.
E’ un tempo in cui si leggono testi e codici tratti dall’antichità classica, fondamentale Vitruvio, si va a Roma a studiare le opere d’arte dell’antichità classica che vengono via via scoperte.
Si studiano i monumenti della Roma classica, si misurano, si studiano le statue dell’antica Grecia è una rivoluzione che interessa ogni disciplina sia letteraria che artistica.
E Firenze è al centro di tutto questo.
Vi siete mai chiesti perchè la prospettiva nasce a Firenze e non, per esempio, a Padova?
Perchè a Firenze, città di mercanti, la matematica è di casa.
L’attitudine mentale al calcolo dei fiorentini ha fatto sì che fossero agevolati nella nascita e nella scoperta della prospettiva che, lo si sa, è un fatto puramente matematico.
Donatello e Brunelleschi vivono in pieno questa grande rivoluzione.
Donatello e Brunelleschi: due crocifissi a confronto
Un aneddoto raccontato da Vasari ci aiuta a capire meglio le due personalità.
Agli inizi della sua attività, Donatello ha scolpito un crocifisso in legno e lo ha mostrato a Brunelleschi per avere un suo giudizio.
Che sperava fosse positivo. L’amico, invece, lo critica, affermando che quello è un contadino e che non ha un corpo simile a quello di Cristo, che ha un corpo perfetto e delicatissimo in tutte le sue parti.
Alla replica di Donatello, Brunelleschi non dice nulla e torna a casa.
Dopo qualche giorno, invita Donatello a pranzo a casa sua.
Appena Donatello arriva a casa dell’amico e vede il crocifisso scolpito da quest’ultimo, rimane senza parole: spalanca le braccia, lasciando il grembiule in cui portava il cibo che rotolò tutto sul pavimento, dice che non ha più voglia di mangiare e che torna a casa sua poichè a te è conceduto fare i Cristi a me i contadini …
In sostanza: il Crocifisso di Brunelleschi è più raffinato, perfetto, quello di Donatello più rozzo.
Le prime opere
Dal 1402 al 1406 è a Roma insieme a Brunelleschi.
I due sono a “caccia” di monumenti antichi, di sculture, che misurano e studiano in ogni singolo particolare.
Donatello, diventa così, a tutti gli effetti, il padre della scultura rinascimentale dando un contributo fondamentale al rinnovamento della scultura, facendo dimenticare quella tardogotica, arrivando a superare i modelli dell’arte romana classica.
Inventa la tecnica dello stiacciato, padroneggia con sicurezza diversi materiali, quali marmo, pietra serena, bronzo, legno, terracotta.
Riesce splendidamente ad infondere umanità e introspezione psicologica alle sue opere, donando spesso accenti drammatici o di energia e di vitalità trattenute, ma nello stesso tempo visibili.
Fin dalle prime opere, il Nostro mostra, pur presentando ancora ricordi gotici, una fierezza e un’arditezza che si ritrovano anche nel San Giovanni Evangelista.
L’apostolo, vive nello spazio, muovendosi dentro e conquistandolo.
Osservate la posa: il busto è leggermente ruotato, quindi non statico come nella scultura medievale, e si colloca nello spazio sia con la sporgenza delle gambe, sia con il busto.
L’unico ricordo ancora medievale è nella pesantezza del panneggio, gonfio e ridondante, della veste e della lunga, nobile, barba.
La luce trascolora morbidamente mettendo in evidenza il volto, la fluida linearità della barba, e gioca con il pesante panneggio, creando forti contrasti di luce e ombra.
Le innovazioni proseguono con il San Giorgio e il relativo bassorilievo rappresentante San Giorgio e il drago.
L’opera è stata commissionata dall’Arte dei Corazzai per una nicchia di Orsanmichele.
Donatello sfrutta la rotondità della stessa per nascondere l’ampio e falcato mantello, unico retaggio medievale come abbiamo notato nel San Giovanni.
La soluzione della statua è completamente innovativa.
San Giorgio è impostato sulla figura geometrica del triangolo: notate lo scudo, la parte superiore dal busto alla testa, e quella inferiore, dalla base dei piedi al busto; anche qui l’opera si impossessa della spazio ruotando leggermente il busto.
Altra novità, il volto.
In genere la figura medievale ha lo sguardo fisso davanti a sè, con l’occhio sbarrato a contemplare la trascendenza divina.
L’uomo nuovo del Rinascimento no.
L’uomo donatelliano contempla la realtà che lo circonda, della quale è partecipe.
Ancora più importante è la luce.
Lo scultore deve tenere conto di essa per come posizionare l’opera. Studia l’inclinazione, la possibilità di essere più o meno investite dalla stessa.
Proprio per i molti passaggi dei piani, la luce diventa protagonista nel San Giorgio: la corazza, ad esempio, seguendo le forme anatomiche del busto, crea una sottile vibrazione chiaroscurale, che determina una sorta di respiro vitale e dona umanità all’immagine del Santo.
Nel rilievo alla base della statua rappresenta San Giorgio e il drago.
E qui Donatello si rivela in pieno il padre della scultura rinascimentale.
Fondamentale è la prospettiva. Da notare le linee di fuga della parete rocciosa con la rappresentazione della tana dell’animale a sinistra, mentre a destra abbiamo la bella fuga prospettica degli archi di un edificio prettamente brunelleschiano.
Ugualmente importante la modulazione della prospettiva nei diversi piani dell’opera, che passa da un bassorilievo dello sfondo, ad un altorilievo nella figura centrale del San Giorgio e della principessa a destra.
L’evoluzione della prospettiva
Nel 1427 crea il rilievo con il Banchetto di Erode.
Donatello si trova ad inserire in uno spazio ristretto un racconto con molteplici figure.
Ci riesce grazie all’uso sapiente della prospettiva e della luce.
In primo piano, rappresentati ad altorilievo, stanno i commensali.
Assolutamente importante lo sfondo, definito da una successione di arcate in prospettiva che degradano in lontananza sia grazie all’espediente del bassorilievo, sia per la rappresentazione prospettica.
Nei pilastri che sostengono gli archi, sono infissi dei pali che indicano la profondità, la tavola stessa è posta in prospettiva.
L’artista ottiene una grande profondità spaziale, comprimendo le figure sullo sfondo, mentre mano a mano che procede verso il primo piano proporziona a queste le diverse immagini passando dallo stiacciato del piano di fondo, all’alto rilievo, fino al tutto tondo della testa di colui che porta il vassoio.
Il David, creato intorno agli anni Trenta del Quattrocento, è straordinario.
Qui si nota tutta l’influenza dell’arte classica che ha visto nei suo viaggi a Roma.
David è rappresentato come un giovinetto nudo che tiene ai suoi piedi la testa del gigante Golia.
Nella classicità del nudo, Donatello si manifesta in pieno come il padre della scultura rinascimentale.
Mentre nel Medioevo il nudo è simbolo del peccato, nel XV secolo riacquista il suo significato di purezza ideale, non contaminata dalla ipocrita sovrastruttura delle vesti.
L’eroe è nudo perchè difeso solo dalla sua virtù morale.
Altrettanto classica è la ripresa della ponderazione di Policleto e la delicata luminosità delle superfici.
La luce scivola sul corpo, ne accarezza leggermente le membra, tornisce i volumi della scultura rendendo dolci i lineamenti del viso.
Donatello: le splendide sculture della Cantorìa
Assolutamente classica è la composizione della Cantorìa.
L’uso di putti, danzanti o meno, diventerà un topos nella scultura rinascimentale.
Nella Cantorìa è classico il ricordo della disposizione delle figure e la scelta tematica dei putti.
Questi ultimi danzano in modo pesante, con un ritmo non cadenzato deformati utilizzando la tecnica dello stiacciato.
Col loro rilievo generano zone d’ombra, resa ancora più viva dallo sfondo realizzato a mosaico.
Donatello padre della scultura rinascimentale: l’arrivo a Padova le sculture per l’altare del Santo e il Gattamelata
Nel 1443 Donatello si reca a Padova dove crea due capolavori straordinari: l’ Altare Maggiore della Basilica del Santo e il famoso monumento funebre al Gattamelata.
E’ proprio il grande artista a portare a Padova il Rinascimento.
Prima del suo arrivo, infatti, nella città veneta vigeva ancora un linguaggio improntato sul Tardo Gotico.
Le novità si vedono subito nello splendido crocifisso bronzeo che campeggia al centro, in alto, dell’altare maggiore della Basilica del Santo.
La collocazione, così come la disposizione delle sculture sull’altare, non sono originali.
Inizialmente, infatti, il grande crocifisso in bronzo era più spostato in avanti, verso la navata, sopra un tramezzo.
L’altare è stato più volte rimaneggiato nel corso dei secoli.
Quella che si vede attualmente è una ricostruzione creata da Camillo Boito nell’Ottocento, seguendo la Pala di San Zeno di Mantegna, pittore che ha lavorato con Donatello all’interno della Basilica del Santo.
Donatello crea un’opera straordinaria.
L’umanità di Cristo è tutta nella sofferenza del volto, in quel pulsare della vena che attraversa la parte superiore della fronte.
Splendida l’anatomia, con il costato perfettamente definito dal punto di vista anatomico.
Altrettanto splendida è la Vergine che pone il Bambino all’adorazione dei fedeli: Maria, un’icona della classicità.
L’altare è definito da una serie di pannelli in bronzo in cui sono rappresentati i principali miracoli di Sant’Antonio: in tutti balza subito all’occhio la perfetta prospettiva nonchè lo sfondo classico che soggiace all’evento rappresentato.
Osserviamo per esempio Il Miracolo della mula: Donatello pone al centro Sant’Antonio che porge alla mula, a digiuno da tre giorni, la particola davanti alla quale essa si inginocchia.
La maestria del grande padre della scultura della scultura rinascimentale sta tutta nella rappresentazione delle arcate di fondo, in prospettiva, nei gruppi degli astanti che hanno movenze e abiti tratti dall’antichità.
Ugualmente importante la Deposizione sul retro dell’ altare: eseguita in pietra di Nanto, Donatello riesce a rendere tutta la tragicità dell’attimo. L’occhio è subito catturato dalla figura della Maddalena che, aprendo le braccia, si crea come un vuoto intorno a sè.
Ugualmente splendido il Monumento equestre al Gattamelata, Erasmo da Narni, fiero condottiero della Serenissima Repubblica di Venezia.
Commissionata da Giacoma della Leonessa, moglie del condottiere, è la prima statua a tuttotondo, fusa in bronzo, dopo il Marco Aurelio di Roma.
A parte i riferimenti classici dei puttini reggi stemma, vi faccio notare che il guerriero è rappresentato a capo scoperto: è l’uomo nuovo del Rinascimento che vince la battaglia grazie alla sua intelligenza: non è una macchina da guerra come il guerriero medievale, rappresentato con l’elmo e la celata indossati.
Il monumento doveva fungere da tomba del Gattamelata il cui corpo doveva essere sepolto nel basamento nella parte inferiore.
Poichè Donatello creò un’opera monumentale che non potè essere portata all’interno della Basilica, essa venne collocata sul sagrato antistante la Basilica, mentre il corpo riposa all’interno in quella che oggi è la cappella dedicata all’Adorazione Perpetua.
Un grande epilogo per il padre della scultura rinascimentale: la Maddalena
Una donna in pelle e ossa, il volto scarno, congiunge le mani in segno di preghiera.
Maddalena, la peccatrice, torna dal deserto dove, attraverso la distruzione della sua bellezza fisica, ha raggiunto la purificazione interiore.
Il corpo, ossuto, è messo in evidenza dalle linee scarne e taglienti con cui Donatello incide le fattezze del volto, e dalle molteplici linee verticali dei lunghi capelli che coprono la nudità del suo corpo.
Linee mosse, taglienti, creano forti contrasti di luce e ombra che, con la doratura dei lunghi capelli, lumeggiando le sporgenze e lasciando in ombra le rientranze, accentuano il movimento vibrante dell’intera figura.
E’ questa la drammaticità di Donatello.
E’ questa la drammaticità del grande padre della scultura rinascimentale.
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