Sta per volgere a termine la mostra dedicata alla Belle Epoque a Palazzo Cucchiari a Carrara: seguendo le tracce di questa bella esposizione vi racconto questo periodo affascinante compreso fra la fine dell’Ottocento e la Prima Guerra Mondiale.
La Belle Epoque è un periodo storico compreso fra la fine del XIX secolo e gli inizi della Prima Guerra Mondiale.
Quando sentiamo tale termine, subito la nostra mente si porta a Parigi, là dove tale periodo nacque e fu vissuto in modo strepitoso.
Dopo la sconfitta di Sedan del 1870, la Francia deve e vuole rinascere.
Parigi si trasforma grazie alle direttive del Barone Hausmann: nascono i grandi Grands Boulevards, i nuovi palazzi e le nuove costruzioni non possono superare in altezza gli edifici governativi francesi che diventano un punto di riferimento, anche visivo, per i parigini.
Nel 1889 si apre a Parigi la Grande Esposizione Universale e per questo grande avvenimento venne progettata la grandiosa Tour Eiffel, inaugurata lo stesso anno.
Si inizia ad avere fiducia nel futuro.
Verso la fine del 1870 nasce l’elettricità; le malattie fanno meno paura grazie ai progressi della medicina.
Nasce il mito della villeggiatura al mare.
La donna non è più solo l’angelo del focolare, ma diventa la donna moderna, emancipata, come Elena Vecchi, donna bella, sfrontata, ritratta da Corcos nel dipinto Sogni.
Si passeggia nei Boulevards, ci si ritrova alle feste, a teatro, nasce la bicicletta, la moda, insomma un mondo rivoluzionario, come racconto nel mio romanzo un Un soffio di voile.
La Belle Epoque e la nascita di nuovi temi
Già Baudelaire nei suoi Scritti sull’arte nel capitolo dedicato al pittore della vita moderna, così definisce la modernità: la modernità è il transitorio, il fuggitivo il contingente, la metà dell’arte, di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile…
Nascono nuovi temi e nuovi miti.
Il pittore della vita moderna è lì, pronto a registrare questi cambiamenti.
Molta attenzione è focalizzata sulla donna che, come accennato, non è più solo l’angelo del focolare, ma conosce una prima, importante, emancipazione sociale.
La città nuova cresce, abbatte le mura e diventa un luogo attraente, ma anche pericoloso, luogo carico di perdizione per i più deboli, ma luogo che diventa teatro del fare pittorico degli artisti, ormai sempre più attratti dalla pittura all’aria aperta: strade, piazze, ma anche giardini e parchi pubblici, nonchè il mare appaiono nelle tele a dar conto dei nuovi miti della Belle Epoque.
Il dualismo campagna/città si dissolve a favore di quest’ultima: ce lo mostra, ad esempio, Telemaco Signorini con il suo dipinto Autunno nei dintorni i Siena, splendido esempio di pittura all’aperto dove l’artista registra con scrupolosa meticolosità le coltivazioni della campagna, punteggiata dai filari di viti e di olivi allineati che donano al paesaggio un’armoniosa geometria.
Corcos ci introduce, invece, all’interno di un palazzo borghese per farci assistere alla presentazione del nuovo nato ad amici della coppia. Un perfetto stile borghese nel quale il pubblico si identificava.
Peculiare dello stile di quest’ultimo la perfetta resa fotografica di ogni dettaglio: dagli abiti, alla sedia di paglia, il nostro occhio viene condotto, tramite la prospettiva delle piastrelle del pavimento, al panorama serotino che si apre davanti ai nostri occhi.
Ed ecco la città che diventa protagonista nell’opera di Panerai, che ci regala un’istantanea di Firenze sotto la pioggia, la carrozza in primo piano e la folla che attraversa le strade della città, nonostante il cattivo tempo.
Lo stile di Panerai, definito da vigorose pennellate, rende la lucentezza della strada bagnata dalla pioggia; siamo nel pieno centro di Firenze, la rappresentazione a destra di un lato del battistero di S. Giovanni ce lo conferma, mentre sullo sfondo una folla indistinta, di cui ci sembra quasi di percepirne il brusio, cammina per il centro conducendo il nostro occhio verso un tramonto che fa capolinea sullo sfondo fra i vicoli delle case.
La vita si riversa nelle città, la folla brulicante: una delle prime caratteristiche del periodo.
Nuovi modi di vivere e l’ostentazione degli ambienti domestici
La casa con gli interni elegantemente arredati diventa un altro soggetto prediletto dei pittori della Belle Epoque.
Interni lussuosi, stanze, salotti, gli stessi dove si riunisce l’alta borghesia per fare cultura, per discutere di storia, di politica, dove ci si raccoglie per prendere un tè, sono esibiti come una fotografia.
Ma spesso gli artisti vivono tutta questa magnificenza quasi come una prigione da cui doversi liberare, da qui scatta la ricerca di evasione, anche attraverso il sogno, oppure ritrovandosi all’aperto, a contatto con la natura, in un parco pubblico, come ci mostra Armando Spadini che ritrae la famiglia nel parco di Villa Borghese, ma anche presso i grandi viali alberati parigini, che diventano luogo di incontro e di svago.
Il ruolo del pittore nella Belle Epoque
E’ sempre Baudelaire che ci indica qual è il ruolo del pittore della vita moderna.
Egli è sempre pronto ad accogliere le novità.
Un fatto di cronaca, la quotidianità, la moda, lui è aggiornato su tutto.
Ma durante la Belle Epoque cambia anche la visione che si ha dell’artista.
Non più solo uno sradicato bohèmien, ma inizia ad essere visto in modo diverso, acquisisce più considerazione da parte della società.
Ecco, quindi, che viene invitato a partecipare alle discussioni dotte che si tengono nei salotti (Boldini era un assiduo frequentatore di questi ultimi), si ritrovano nei caffè, iniziano a rappresentare sè stessi, i loro amici e, soprattutto, i loro atelier.
Ce lo dimostra chiaramente Boldini che molto spesso rappresenta il suo atelier come nel famosissimo Donna in nero che guarda il “Pastello della signora Emiliana Concha de Ossa”: se il nostro occhio
è subito catturato dalla donna vestita di nero che sta osservando il ritratto ormai pronto (forse la stessa Emiliana che torna nello studio del pittore per ammirarsi nel famoso Pastello Bianco), osservando bene notiamo un pianoforte (Boldini amava la musica e ne aveva uno nello studio), un quadro appeso alla parete, ed un elegante signore (forse lo stesso pittore) che osserva la donna intenta ad ammirare l’opera.
Anche Lega ci mostra il suo atelier: un cavalletto, dipinti accatastati e appesi alle pareti, sono pronti a farsi ammirare dalle due visitatrici elegantemente rappresentate.
Contrasti sociali
E’ logico che non è tutto oro quello che luccica.
In questo momento di grande rivoluzione, non tutti riescono a stare al passo con i tempi.
Il risvolto della medaglia c’è sempre, e la povertà è dietro l’angolo anche, e soprattutto, in una città moderna, tutta luccichio e splendore.
Lo dimostra molto bene Emilio Longoni, nella sua opera Riflessioni di un affamato: un poveretto si sofferma ad osservare una coppia all’interno del ristornate: i due elegantemente vestiti, stanno amabilmente chiacchierando mentre consumano il pasto di cui l’artista mette in primo piano un bicchiere di vino.
All’esterno il ragazzo, infreddolito, osserva la scena, e guarda con intensità il bicchiere di vino.
La povertà contro la ricchezza.
Purtroppo la città, luogo a volte di peccato e di insidie, nasconde anche questo. Chi lotta per un pezzo di pane, e chi invece ostenta il lusso, divertendosi.
L’esibizione della ricchezza
Il bisogno di apparire è ormai un’esigenza moderna.
In una società che si mette in mostra, che esibisce sè stessa al cinema, a teatro, alle corse, la moda diventa una componente fondamentale dell’epoca.
La vita mondana invita a sfoggiare abiti adatti ad ogni occasione.
E’ infatti proprio in questo periodo che la moda subisce molti cambiamenti (ne parlo nel mio articolo la moda al tempo di Boldini): nasce l’abito per andare a cavallo, in bicicletta, per recarsi al caffè o all’ippodromo.
Le donne sono ovviamente al centro di questi cambiamenti: la vita mondana le invita a sfoggiare lo status sociale della bellezza e loro si sentono delle vere e proprie protagoniste.
Evoluzione dello stile pittorico durante la Belle Epoque
Come cambia lo stile pittorico degli artisti durante la Belle Epoque?
Innanzitutto è da mettere in evidenza come gli artisti sentono la necessità di superare le diverse scuole regionali, per approdare ad uno Stile Nazionale.
Per capire l’evoluzione dello stesso iniziamo seguendo il tracciato del cambiamento delle “nuove capitali d’Italia”: Torino (1861-1865), Firenze (1865-1871) e Roma (1871-1946).
In questo contesto è chiaro che si parte dal linguaggio pittorico dei Macchiaioli, difficile da scardinare (tanto che non è un caso se molti artisti Moderni continueranno a voltarsi indietro per riproporlo, magari epurato dalle ristrettezze della Macchia), in una Firenze Capitale che ormai vuole nonostante tutto guardare al futuro.
Punto di riferimento fondamentale rimane Parigi e gli artisti che vi afferirono, i vari De Nittis, Boldini, Corcos, solo per citare i più famosi, si agganciarono alla famosa Maison Goupil, avida nella produzione di scenette di genere sullo stile di Fortuny, mentre il veneziano Zandomeneghi sarà l’unico a guardare con diffidenza alla famosa Maison per instaurare un duraturo rapporto professionale con la galleria Paul Durand-Ruel, vera e propria fucina della nuova arte a fine secolo.
E’ qui che i pittori diventano i cronisti di quella joie de vivre tipica della Ville Lumière.
Non solo Parigi.
Il superamento delle Scuole Regionali passa anche attraverso la Scapigliatura milanese, con gli esiti pittorici di Ranzoni e Cremona per approdare, tramite le atmosfere da sogno e alquanto metafisiche al Simbolismo per virare, in seguito, verso le tendenze del Divisionismo di cui daranno conto le ricerche pittoriche di Previati, Pellizza da Volpedo nonchè del giovane Balla.
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