Il celebre pittore morto nel 1908 a Firenze a 83 anni, ebbe in vita tre mogli. Ne traccio qui la storia e qualche curiosità.
Giovanni Fattori, padre indiscusso dei Macchiaioli Toscani, ha avuto una vita lunga, per l’epoca, e straordinaria.
Non ripercorrerò in questo articolo le tappe della sua vita, come già precedentemente fatto, ma racconterò qualche aspetto della sua vita privata, in particolare delle mogli che in vita ha avuto e, purtroppo, seppellito.
Settimia Vannucci, il primo amore di Fattori
Fattori conosce quella che diventerà la sua prima moglie nel 1854, quando ha ventinove anni.
Sono anni in cui è impegnato, oltre che nella realizzazione del suo Autoritratto, a creare disegni rappresentanti paesaggi che mostrano un’affinità con la cosiddetta Scuola di Staggia e, l’anno dopo, a realizzare il grande dipinto rappresentante Elisabetta regina d’Inghilterra nell’atto di consegnare al cardinale arcivescovo il giovinetto duca di York, una delle più imponenti opere di genere storico prima della conversione alla pittura macchiaiola.
Ma torniamo all’incontro con quella che sarà la sua prima moglie.
Nei suoi Ricordi Fattori racconta che Settimia era una brava e onesta ragazza; buona e di carattere semplice. La conobbe in una casa che frequentava, si videro e si innamorarono subito.
La famiglia di Settimia era contraria al matrimonio, cosa che non impedì le nozze fra i due, tanto che il 3 luglio del 1860 si sposarono.
Un matrimonio semplice, senza sfarzo, senza invitati: l’unica cosa che contava è che Settimia diventasse sua moglie.
Dopo il matrimonio i due sposi andarono in viaggio di nozze e, devo dire, qui Settimia è stata proprio brava, perchè Fattori la portò a Genova, Torino, Milano, Solferino e, soprattutto, a Magenta.
Vi ricordano qualcosa questi luoghi, Magenta in particolare?
Sono i luoghi in cui si svolsero gran parte dei combattimenti della Seconda Guerra d’Indipendenza, luoghi che Fattori doveva studiare da vicino dopo aver vinto, con il bozzetto della Battaglia di Magenta, il famoso Concorso Ricasoli.
E così appena diventata sua moglie, Settimia si è dovuta fare il viaggio di nozze nei luoghi delle battaglie … ma a quanto sembra da buona moglie devota, non si lamentò poi molto.
La malattia di Settimia
Nel 1861 la prima moglie si ammala di Tisi, nel 1867 la malattia se la porterà via.
Fattori, che nel frattempo a contatto con i pittori Macchiaioli stava rinnovando un pò per volta la tipologia del ritratto, ritrae Settimia in un’opera alquanto struggente: il Ritratto della prima moglie Settimia Vannucci.
Fattori non si nasconde o, meglio, non nasconde a se stesso la malattia della moglie.
Guarda quel volto pallido, non lo idealizza, ma ci presenta la realtà così com’è.
Contro uno sfondo rosso marezzato, probabile carta da parati come si usava all’epoca nelle case, si staglia l’immagine, pallida, di Settimia, seduta su una poltrona di cui scorgiamo solamente lo schienale
Il volto, pallido con i lineamenti già segnati dal dolore, non si nasconde allo spettatore.
Lo sguardo è dolce definito dagli occhi neri, segnati da due profonde occhiaie. Le labbra, carnose, abbozzano appena un sorriso.
Le mani, scheletriche, sono appoggiate in grembo, e quasi si perdono nell’ampiezza della veste: una veste troppo larga, divenuta tale per il forte deperimento dovuto alla malattia, oppure troppo grande perchè prestatale dalla cognata Carlotta Scali, come vediamo nel ritratto di quest’ultima in cui si nota che la veste è identica.
Giusto notare, a proposito di Carlotta, che Settimia in quegli anni viveva ad Antignano nella casa del fratello di Fattori, nonchè marito di Carlotta, Rinaldo.
La Rotonda dei Bagni Palmieri, un ricordo struggente della prima moglie
Nella prima metà degli anni Sessanta dell’Ottocento Fattori trascorre lunghi periodi a Livorno, la sua città, fino a trasferirsi completamente a partire dal 1863, nella speranza che il clima della città e, soprattutto, il mare, potesse giovare alla salute ormai compromessa della moglie
Sono anni in cui l’artista ritrae molti familiari, in dipinti definiti da un’attenta e analitica analisi dei particolari fisiognomici e dell’abbigliamento, (sono molti i disegni e gli appunti che l’artista realizza come studio prima di creare il dipinto vero e proprio), opere in cui riesce a rendere la personalità e la classe sociale dell’effigiato con grande intensità.
E’ in questo contesto che nasce, nel 1866, la famosa tavoletta La rotonda di Palmieri a Livorno.
L’opera è una pietra miliare della pittura macchiaiola.
Fattori ritrae la moglie e alcune amiche sedute sotto un grande tendone nella rotonda che fino all’ultima Guerra primeggiava a Livorno, per essere quella più spinta verso il mare.
Possiamo collocarla dove oggi ci sono i famosi Bagni Pancaldi.
Settimia si recava lì per respirare l’aria salmastra del mare, con la speranza che la stessa l’ aiutasse a stare meglio.
Una tavoletta piccolissima, ma in cui Fattori, con una pittura calibratissima, sembra quasi un intarsio a mosaico, concentra sentimenti d’amore e tenerezza.
Studiata a fondo in tanti disegni preparatori, la stesura è talmente meticolosa che l’artista riesce a caricarla di emozioni vibranti, tanto che possiamo quasi percepire il brusio sommesso delle chiacchiere delle donne, che scandivano il passare del tempo.
Non a caso, quindi, l’opera diventerà un commuovente ricordo della prima delle tre mogli che avrà nel corso della sua vita.
Fattori tenne la tavoletta sempre con sè nel suo studio, avendola molto cara, un pezzo fondamentale della sua vita.
Marianna Bigazzi: la seconda moglie
Il tempo passa e, forse con l’immenso dolore un pò attutito, nel 1891, dopo alcuni anni di convivenza, l’artista sposa Marianna Bigazzi-Marinelli, che diventa così la sua seconda moglie.
Due anni prima, nel 1889, il pittore ritrae sia Marianna che la figlia di lei, Giulia, opere che mettono in evidenza la somiglianza fra madre e figlia.
D’altronde, come per il Ritratto della prima moglie, Fattori rappresenta le due donne in modo assolutamente realistico, mettendo in evidenza la realtà quale gli appare, senza intenzioni idealizzanti.
Quello che più colpisce è come l’artista utilizzi due tonalità differenti per ritrarre le due donne: colori chiari, per Giulia, più pacati e scuri per la moglie.
Giulia, che si sarebbe sposata di lì a poco con un pittore uruguayano Domingo Laporte, è seduta di tre quarti su una sedia di cui vediamo solo parte dello schienale.
I tratti del volto sono marcati e decisi, evidenziati dal nero dei capelli, sottolineati dal nastrino di velluto nero che cinge il collo della giovane.
L’abito è una vera e propria sinfonia di bianchi e ocra su cui spicca la nota rossa del papavero che si intravvede dal ventaglio semiaperto tenuto in mano dalla stessa.
Fattori riesce a restituire la percezione tattile delle carni “sode” della gioventù, mentre “morbidamente decadente” ci appare Marianna, la madre.
Per il ritratto della matura moglie, l’artista, predilige, invece, tonalità brune, che ben si sposano col volto, non bello ma gioviale della moglie, con la sua figura materna, sottolineata dal seno generoso, strizzato nel busto stretto dell’abito.
La terza moglie: Fanny Martinelli
Nel 1903 Marianna muore.
La donna, prima di morire, aveva affidato Giovanni alle cure della cara amica Fanny Martinelli.
E’ quanto apprendiamo da una lettera che Fattori scrive a Giulia, la figliastra: Fanny è diventata come di casa. Quando seppe la triste nova corse pensando a me che ero solo e, ricordandosi che in caso di disgrazia [Marianna] mi aveva a lei affidato, non mi ha più lasciato ed è piena di cure e riguardi. su questo puoi stare tranquilla.
Fattori sposerà Marianna in terze nozze nel 1907.
Nozze che vanno a consolidare un legame che si era stretto sempre più dal 1903, l’anno della morte della seconda moglie.
Un matrimonio che non durerà a lungo: Fanny muore il 3 maggio del 1908, Fattori il 30 agosto dello stesso anno, dopo pochi mesi, quindi.
La presenza di Fanny nella vita dell’artista si rivela essenziale.
Giovanni stabilisce con lei un’affettuosa routine fatta di abitudini, di sentimenti.
Vera amica, buona di cuore e onesta: così scrive della terza moglie, Giovanni.
Fanny è ritratta con le mani conserte in grembo, seduta su una poltrona rossa abbellita da trine, com’era consuetudine nell’arredo dell’epoca.
Non volge lo sguardo verso lo spettatore: i suoi occhi liquidi, velati, su un viso dalla pelle un pò cadente, sono rivolti verso un altrove.
La luce gioca sull’abito nero, provocando riflessi luminosi.
L’artista ci restituisce l’immagine di una donna serena, materna e rassicurante, che ispira fiducia, fedele custode del benessere dell’artista.
Vicino a Fanny un’opera dell’amato: Butteri del 1903.
Oggi quella poltrona …
Questo un breve excursus storico sulle tre donne, mogli, che in vita hanno fatto compagnia al pittore.
Oggi quella poltrona vuota, insieme al cavalletto del pittore ed al ritratto della Terza moglie, sono conservati al Museo Civico Giovanni Fattori a Villa Mimbelli a Livorno.
A ricordare attimi di vita vissuta.
L’importanza dei Musei: custodi della memoria di tempi che furono ma che sempre ci parlano di un passato vivo e presente…
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